Polizze vita e successione, sono ancora strumenti legittimi?
Le polizze vita sono disciplinate dall’art. 1920 del Codice Civile che così recita: “E’ valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo. La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento; essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l’attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona. Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”.
Il beneficiario acquista il proprio il diritto al pagamento dell’indennità al verificarsi della morte del contraente ed il decesso funge come semplice evento che aziona il diritto alla corresponsione delle somme.
Il capitale di una polizza vita non entra nell’asse ereditario, ma può ledere la legittima
Le polizze vita non rientrano nell’asse ereditario, non sono computate per formare le quote degli eredi, né per calcolare se vi sia stata lesione di legittima; le somme riscosse non devono essere inserite nella dichiarazione di successione e pertanto non sono soggette al pagamento delle imposte.
Il beneficiario della polizza vita può essere indicato direttamente con nome e cognome, oppure possono essere gli eredi in senso generico.
Divisione delle indennità tra gli eredi
Quando la polizza è a favore degli eredi è consigliabile chiedere al contraente di specificare se la liquidazione dell’indennità debba essere fatta in parti uguali o in base alle quote di eredità stabilite per le successioni legittime o testamentarie: in assenza di chiare disposizioni possono infatti sorgere dei dubbi.
Negli anni passati l’orientamento giuridico prevalente imponeva la divisione in parti uguali, adesso dal 29 settembre 2015 con la sentenza numero 19210 la Corte di Cassazione ha stabilito che ove il contraente abbia designato quali beneficiari della polizza i propri eredi legittimi, la ripartizione debba essere effettuata in base alle quote ereditarie fissate dal Codice Civile: quindi il riferimento agli eredi legittimi va inteso sia come individuazione dei beneficiari sia come misura della partecipazione all’indennità.
Polizze vita e rischi di lesione di legittima
L’ultimo aspetto rilevante quando si parla di polizze vita è rappresentato sicuramente dalla qualificazione giuridica delle stesse.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 3263 del 19 febbraio 2016 ha statuito che le polizze vita aventi contenuto finanziario, nelle quali il beneficiario è soggetto terzo, non legato al contraente da vincolo di mantenimento o di dipendenza economica, configurano delle “donazioni indirette” .
Per polizze vita a contenuto finanziario si intendono quelle polizze in cui la componente finanziaria e di investimento risulta preponderante rispetto a quella previdenziale tipica delle polizze vita “classiche”:
Per quanto riguarda le “donazioni indirette” si tratta di liberalità nelle quali l’arricchimento del beneficiario e l’impoverimento del disponente si attuano attraverso atti negoziali che non richiedono necessariamente la forma pubblica a pena di nullità, che non hanno natura donativa in senso stretto, ma che indirettamente ottengono come risultato ulteriore un arricchimento economico altrui.
La donazione ancorché indiretta può ledere le quote spettanti ai legittimari e quindi essere soggetta all’applicazione della disciplina della riduzione e della collazione, nonché della revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli.
Il diritto all’indennità costituisce un diritto autonomo che non ha effetti sul patrimonio del disponente, se non per esempio nei limiti in cui il beneficiario si veda costretto a rimborsare ai di lui eredi che dimostrino di essere stati lesi l’ammontare dei premi pagati in vita dal de cuius.
L’art. 741 del Codice Civile prevede infatti che :”E’ soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per avviarli all’esercizio di una attività produttiva o professionale, per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore o per pagare i loro debiti.”
Un esempio
La signora Luisa è vedova con due figli Davide e Francesca. Luisa sottoscrive una polizza assicurativa avente contenuto finanziario, versando un premio di 300.000 euro, con beneficiario alla propria morte, il figlio Davide. Il patrimonio della signora Luisa ammonta complessivamente prima della sottoscrizione della polizza a 900.000 euro. Ai sensi dell’articolo 536 e seguenti del codice civile ai due figli Davide e Francesca è riservata una quota di legittima pari a 1/3 del patrimonio della madre, mentre la quota ulteriore di 1/3 rappresenta la quota disponibile.
L’operazione implica che alla morte della signora Luisa i due figli ricevano per successione, senza testamento, un valore ciascuno di ½ del patrimonio complessivo. Davide riceverà tuttavia anche un capitale (nella consistenza rivalutata o dovuta in quel momento) derivante dalla polizza assicurativa in qualità di beneficiario della stessa. In questo caso Francesca può agire giudizialmente per la tutela dei propri diritti.