Sentiment: perché è meglio non seguire troppo i mercati
Quando parliamo di sentiment ci riferiamo ad un atteggiamento molto comune soprattutto nei neo-investitori che consiste nel cercare di essere sempre aggiornati sui mercati e seguirli giorno per giorno, facendosi influenzare, di conseguenza, dagli andamenti giornalieri. Il problema di questo atteggiamento di per sé più che comprensibile è che chi lo attua in realtà non sta affatto gestendo meglio i suoi soldi, anzi al contrario si sta condannando a dell’apprensione gratuita e come contropartita ottiene solo maggiori possibilità di essere indotto in errori di valutazione circa il momento in cui entrare e uscire dai mercati.
I pericoli del “sentiment” di mercato
In gergo finanziario si parla di agire sotto il “sentiment” di mercato. Sfortunatamente a seguire il “sentire dei mercati” si rischia di incappare in tre grandi pericoli che agiscono e producono effetti in momenti diversi:
- Pericolo paura: l’effetto “paura” deriva dal fatto che quando il rendimento scende, lo fa rapidamente e l’investitore si fa prendere da un’escalation di paura e ansia, e se si lascia coinvolgere dalla propria emotività mediamente decide di uscire dal mercato incassando una perdita pur di interrompere questa apprensione.
- Pericolo ritardo: l’investitore si trova tra una discesa ed una salita ed è incerto sul da farsi: che cosa succederà? Scenderà ancora? Salirà? Rimarrà fermo? Meglio comprare? Nel dubbio tende quindi ad aspettare e così la sua incertezza lo frena e decide in ritardo, perdendosi buona parte dell’onda in salita.
- Pericolo euforia: quando il mercato è molto alto, in prossimità della bolla, l’euforia dell’investitore può corrispondere al “sentiment” euforico del mercato, e così si compra con un premio al rischio molto meno conveniente.
Questa interpretazione è suffragata dai timing di entrate/uscite che sistematicamente si verifica sui mercati
Com’è possibile perdere su un fondo che rende in media l’11%?
Se volessimo fare un esempio pratico di come seguire il sentiment collettivo inficia i risultati degli investimenti, basterebbe prendere in considerazione un fondo a caso, di qualsiasi casa di gestione e fare un calcolo di quante persone, a fronte di un risultato positivo del fondo abbiano realmente guadagnato.
Ad esempio la casa di gestione Anima, ha calcolato che dal 1994 al 2004 un suo fondo internazionale aveva prodotto un rendimento del 10,9% annualizzato, più che raddoppiando il suo parametro di riferimento (il benchmark) che aveva reso il 5,2%. Tra i sottoscrittori del fondo però solo il 20% aveva realmente incassato quella performance, il restante 80% aveva portato a casa un risultato inferiore e quasi la metà aveva addirittura subito una perdita.
Questo perché il 57% dei sottoscrittori era rimasto investito nel fondo meno di un anno e solo meno del 10% per almeno 3 anni. Al centro del decennio considerato vi era la “bolla delle dot.com” che aveva attirato troppo tardi sottoscrittori e di questi molti si erano spaventati dopo il crollo ed erano usciti nel momento sbagliato. Insomma vi è una differenza tra il rendimento che i mercati e i gestori possono offrire e quello che gli investitori ricevono: seguire il sentiment impedisce a questi ultimi di trarre il meglio dalle opportunità esistenti.
Morale: Seguire gli investimenti, ma con metodo
Certamente alcune volte durante l’anno, meglio se sempre negli stessi periodi, vale la pena di guardare sia l’andamento dei singoli prodotti acquistati, sia dei mercati sottostanti e discuterne con il proprio consulente. È possibile infatti che le variazioni del mercato abbiano squilibrato il portafoglio rendendolo più o meno “rischioso” del necessario.
Ma in generale un investitore privato con un obiettivo di medio- lungo termine se ha costruito un portafoglio solido, coerente con i suoi obiettivi e sufficientemente diversificato, deve seguire il meno possibile l’andamento dei mercati soprattutto quando questi fanno notizia. A meno che non si tratti di muoversi nella direzione opposta: comprare quando gli altri vendono e viceversa.